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La Crisi, la paura e la "culla" del passato

di Pino rotta

 

 

 

 

Quando il futuro fa paura il passato sembra un luogo "sicuro" in cui rifugiarsi. E’ un meccanismo ben conosciuto sin dai tempi degli antichi alchimisti per arrivare alla psicologia genetica di Jean Piaget, l'analisi di Freud ed altri…

Il passato è quella dimensione che o non abbiamo vissuto o abbiamo conservato tra i ricordi di un periodo infantile di spensieratezza e "protezione" e che ci fanno affiorare emozioni stabili, "punti fermi". Emozioni che, tanto più caotica e veloce si presenta la vita quotidiana, indeciso il futuro, tanto più tendiamo ad idealizzare come qualcosa di piacevole e "migliore" del presente.

Purtroppo per noi la storia è più lucida e fredda e, a saperla leggere senza pre-giudizi, ci insegna che il passato, sia quello sociale sia quello privato, nella società occidentale ed Italia in particolare, è nella stragrande maggioranza dei casi (salvo per un decennio che va dal 1960 al 1970) molto peggio del presente e quasi certamente del futuro.

Basti leggere Émile Durkheim, padre della sociologia occidentale, sulla fenomenologia dei reati o sui suicidi, che già ai primi del 1900 aveva già fissato come e quando si manifestano con più incidenza questi fenomeni per capire che gli individui come le società soffrono lo "stress" da cambiamento e reagiscono con aggressività o depressione.

Non si finirà mai di ripetere che, alla base delle scelte catastrofiche che portarono il fascismo ed il nazismo in Europa e la carneficina della Seconda guerra mondiale e dei campi di concentramento, ci sta la grande depressione seguita all’altra tragedia europea che fu la Prima guerra mondiale che portò morte, distruzione e disoccupazione di massa.

Oggi, in situazioni geopolitiche diverse, viviamo nel vortice delle violenze che si sono abbattute sulle popolazioni del Medio Oriente e del Nord Africa, anche per responsabilità dei nostri governi che hanno assecondato le scelte aggressive americane dal 1990 al 2000. Viviamo l’onda d’urto di catastrofi immani che stanno annientando quelle popolazioni che, potendo, cercano scampo fuggendo e sbarcando sulle nostre spiagge.

Ma viviamo anche e soprattutto quest’impatto migratorio con un atteggiamento ostile e timoroso soprattutto perché prima di questo abbiamo assistito indifferenti, spesso applaudenti, alla cosiddetta espansione della new economy, dalla globalizzazione, dell’abbattimento delle frontiere economiche (per le persone le frontiere invece sono diventate muri più alti e filo spinato a inutile difesa!).

Gli anni in cui, con il bombardamento mediatico, ci hanno convinti che "l’uomo che non deve chiedere mai!" era il modello da copiare e trasmettere alle nuove generazioni sono stati la grande truffa del capitalismo del Terzo Millennio! Abbattere le frontiere economiche ha dato il via libera non al movimento reciproco di ricchezza ma alla fuga di capitali dall’Italia, dall’Europa occidentale, prima verso gli ex paesi comunisti, poi verso l’India e la Cina. Assieme ai capitali (in gran parte frutto dell’evasione fiscale incoraggiata da atteggiamenti immorali del governo!) si sono spostate le imprese, e in Italia, questo, a cominciare dalla FIAT e seguito dalle poche grandi industrie quali Indesit, Telecom, Barilla, Alitalia, Plasmon, Parmalat, Algida, Edison, Gucci, BNL, ENEL  (49% delle quote cedute ai russi dell’"amico Putin"), AR, AVIO AEREO, Pernigotti, Perugina, Antica gelateria del Corso, Buitoni, Gancia, … fermiamoci qui… l’elenco purtroppo è molto più lungo… Tutto questo ha lasciato il nostro paese (ma vale lo stesso per Spagna e Portogallo) senza attività produttive, senza occupazione e senza gettito fiscale. Ovviamente in queste condizioni le scelte dei Governi che si sono succeduti dal 2008 ad oggi sono state impostate su due linee: far pagare più tasse a chi è rimasto con un qualunque lavoro e ridurre quantità e qualità dei servizi (senza soldi delle tasse questo rimaneva da fare!). La protesta è stata tamponata dalla paura e dalla propaganda. Anche quando si è manifestata con movimenti di protesta è stata tardiva e inconcludente.

Oggi da troppe parti si invoca il passato (addirittura si risale al revisionismo dell’Unità d’Italia!) ma anche questa è una strategia di "distrazione di massa". La via d’uscita da questa situazione di crisi nazionale ed internazionale ha una sola risposta: Europa politica! Più Europa non meno Europa. Più Europa significa meno Banche (Germania) e meno corruzione (basta con accordi fino ad ora tollerati con la Russia di Putin o con i governi conservatori americani, che hanno causato un imbarbarimento della moralità politica ed una legittimazione della corruzione come forma di governo). E questo significa anche avere una politica estera, soprattutto nel Mediterraneo, ad una voce dell’Unione Europea, perché né l’Italia né l’Europa sopravviveranno senza un ritorno della pace nel Mediterraneo. Queste scelte oggi sono contrastate sia dagli americani che dai russi… e … gettiamo un occhio più lungo alla politica estera del Vaticano in America Latina… riserverà sorprese che potrebbero non piacerci affatto nei prossimi cinque anni.

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